| "...Qualcuno ha il rubinetto che gocciola?"
Quello fu il primo pensiero dissociativo che gli balenò in mente. Come se ci potessere essere un rubinetto aperto nello studio del Dott. Marv. Non c'era, non c'era mai stato, e lo sapeva. Ma la sua mente ferita funzionava così, o meglio, così gli era stato insegnato dall'ellenico dottore. Per difendersi. L'unica falla nel "meccanismo di difesa" instaurato dal Dottor Marv, però, era anche bella grossa. Mai avrebbe pensato il Dottore che Edward l'avrebbe dovuta usare in situazioni di pericolo, presunto o tale. In quel momento Edward era esposto, e fragile, ma non lo sapeva. L'unica cosa che avrebbe potuto salvarlo, era l'abitudine.
Fu un ragionamento, un movimento, un modo di approcciarsi alle situazioni automatico, insito nel suo essere fin dai primi giorni dell'esercito. Azioni ripetute fino alla nausea per raggiungere la perfezione, nozioni di guerra applicate alla vita reale, ore ed ore passate a svolgere compiti e movimenti sotto le urla di un Sergente istruttore, oppure battaglie spese sotto il frastuono dei proiettili e delle esplosioni. Nonostante tutto, Edward era ormai una macchina, un automa "senziente", anche in quello stato. Nonostante ciò, le sue azioni andavano pesantemente in contrasto con i suoi pensieri, ed in quelle situazioni era una vista decisamente bizzarra.
Hmmm... Bhè! Sono o non sono il manutentore? Se un lavandino gocciola, tocca a me aggiustarlo! Mi gioco la pensione se non lo faccio.
Il sangue era una delle cose che scatenavano in Edward le sue crisi, questo è già stato detto. Quindi il cervello di Edward decise di ignorarlo, creando quella distopica visione di un tappeto rosso. Un genio non era certo necessario per immaginare dunque da dove nascesse il rumore di "gocciolio", ma questo Edward non riusciva a processarlo, o meglio la sua mente non lo faceva. Il suo corpo invece, oh porco cazzo se lo faceva.
Automaticamente, Aprì in modo impercettibile la porta e poi si portò in posizione di "tactical entry", con il torace pressato contro lo stipite della porta sul lato delle cerniere di apertura. Non prima però di aver posizionato la torcia sul pavimento, facendo in modo che questa avrebbe poi proiettato il cono di luce all'interno dello studio del Dott. Marv. Edward non lo sapeva, ma questa azione non era tanto atta affinchè lui potesse osservare dentro, ma affinchè chiunque fosse stato all'interno non avrebbe potuto vedere lui. Nel buio, infatti, è risaputo che chi si trova dietro il con di luce è in grado di vedere, mentre chi ci si ritrova di fronte rimane accecato, poichè la sua vista viene catturata dalla luce. Inoltre, il "buio" nelle immediate vicinanze del cono di luce viene amplificato, permettendo a chi sta dietro la fonte di luce di essere praticamente invisibile. In gergo militare la chiamaono "espansione del buio". Tutto quello che fece non lo fece consciamente. Un uomo trasformato in un arma, un arma trasfortata in una barzelletta vivente. Questo era il tragico destino di Edward D. D'Angelo.
Non appena fatto ciò, con la mano destra avrebbe spinto la porta in modo deciso ma non brusco, fino a completa apertura per permettere alla luce di penetrare il più possibile.
La sua mente era proiettata in una normale giornata di lavoro, il suo corpo era tornato ai tempi dell'Esercito, era in pericolo e ci si stava buttando dentro. L'unica salvaguardia che aveva era il suo subconscio, e la speranza che quello sarebbe bastato.
Ora, vediamo dov'è questa perdita...
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